Futuro Remoto, I racconti Futuro remoto

Futuro Rognoso_Gianluigi Trevisi

“La terra non è un regalo dei nostri padri, è un prestito dei nostri figli”.

Primo insegnamento dei guerrieri Navajos.

Confesso l’enorme difficoltà nel parlare di futuro, uno dei tanti lasciti di questa crisi è la grande confusione. Non è un caso che da un po’ di tempo resto atterrito quando vedo sguainare certezze da parte di questi catoblepi (creature fantastiche prive di ogni senso) in giro per giornali o tv. Quindi, vi prego di perdonare queste pillole di confuse ovvietà.

Sarà un futuro rognoso. La barzelletta neopositivista, per cui l’intelligenza umana troverà nel progresso la soluzione ai disastri che sta creando, non fa’ più ridere. Qualche tempo fa si passava per catastrofisti o Cassandre radical chic ad imprecare contro quel mix di sconci e devastazioni che ci circonda, oggi anche i gazzettieri più asserviti si sono resi conto che il giocattolo si sta rompendo.

Stiamo desemantizzando la terra, l’assalto alla diligenza-pianeta non si ferma più. L’elenco delle disumanità é lungo centinaia di tomi di migliaia di pagine e, come in una danza immobile, sembra che non si possa fare niente per fermarle.

LA VIOLENZA, che siano droni telecomandati dal Nevada o che siano i settanta miliardi di animali che ogni anno ammazziamo per mangiare… veleno, È UN ELEMENTO FONDANTE della produzione della ricchezza, una grande risorsa economica. L’IMPERO, quel 20% che detiene l’80% delle ricchezze del pianeta, si alimenta di caos e burocrazia, un’industria del controllo planetario che stringe al collo ed impone il proprio pensiero: un modello barbaro.

Il secolo breve ci ha riempito di guerre, morti e deportazioni; il nuovo millennio si candida a battere ogni record. I conflitti non si sono mai fermati, sono stati de-localizzati ed al momento ce ne sono una quarantina in giro, qui e là.

Mi hanno colpito molto le frasi del regista coreano di One on One Kim Ki-Duk (raffinato e sensibile esteta di un certo sadismo culturale), sulla morte della democrazia, e sul futuro claustrofobico dell’umanità.

L’ultima crisi con la sua dimensione planetaria ha consegnato il mondo nelle mani di un manipolo di corrotti che con le scelte, non solo economiche, domina una distesa enorme di poveri, ormai destinati ad una funzione di schiavi, minuscoli ingranaggi di un meccanismo perverso dove è stata pacificamente annullata la forza morale per ribellarsi e tifano per i ricchi e gli affamatori. “La nostra vita è un arrancare continuo con piccolissimi inserti di poesia: si torturano gli altri, siamo torturati e torturiamo noi stessi. Sono i danni di chi ci ha convinto che il denaro sia la chiave di ogni cosa”.

Mi rendo conto che quello sin qui detto lascia presagire un futuro allegro come una cremazione, ma il bilancio della mia generazione, quella che voleva cambiare il mondo, non può non fare i conti con una certa delusione, l’edificio della speranza è andato in frantumi ed il futuro non sarà un “pranzo di gala” e non mi stupisce che questa percezione di un futuro complicato rimbalzi in ogni angolo del pianeta.

Per darci coraggio richiamiamo i cicli storici o le crisi cicliche bleffando malamente. Negli ultimi tempi abbiamo inventato il post-post moderno ma, nonostante lo sfoggio di mirabolanti tecnologie, affondiamo in una pozzanghera medievale.

E LA MUSICA?

Per ovvi motivi non posso tralasciare l’argomento.

Come sarà la musica nel futuro?

“I Superni, il popolo eletto di un lontanissimo pianeta, quando sbarcarono dalla loro astronave sulla terra, pensarono che gli uomini fossero pazzi perché avevano notato, fra le altre cose, che erano fortemente attratti ed emozionati da un linguaggio privo di un qualsiasi simbolo concreto, una cosa molto strana, chiamata inimmaginabile, in un contesto altamente tecnologico …”(P. Dick).

La musica nel suo tentativo di resistere all’inondazione di mediocrità del presente si allontanerà sempre più dalla sua dimensione terrestre. Eterea per definizione, vagherà sempre più, come si dice oggi, in cloud. La produzione musicale – o meglio – la composizione per secoli è stata concepita come un’avventura nei paesaggi fantastici del compositore, con l’approdo rivelatore nell’esecuzione in pubblico: il concerto.

Ecco, il futuro cancellerà definitivamente questa idea dalla mente dell’uomo. Quel grande esempio di presenza sulla terra che furono i Greci dell’antichità e che dibattevano sull’origine della musica: la musica nasce dentro l’uomo o l’uomo la cattura fuori di sé?

Quel fuori di sé che, dopo Tiziano, si sarebbe chiamato paesaggio. Gli indiani (quelli dell’Asia) che nello stesso periodo avevano accumulato un migliaio di anni di cultura ritenevano la musica “il rumore del movimento dei pianeti nell’universo”.

IL FUTURO, PROBABILMENTE, DARA’ RAGIONE A LORO.

La musica sarà sempre più sospesa e si arricchirà di suoni e colori provenienti da altre galassie, attraverserà i corpi sempre più lisergicamente, forse non ci saranno più inni per le rivoluzioni e, come diceva Nietzsche – La musica non la ascolteremo più con le orecchie

In conclusione, senza scivolare troppo in trame fantascientifiche è probabile che fra qualche lustro riusciremo a sopravvivere a quell’immorale affresco che sarà diventata la terra, arginando il pensiero all’interno di un perimetro bionico. Pin, puk e password controlleranno disperazione e depressioni e, ovviamente, la rabbia. Potremo tranquillamente affermare, come fa il musicista tedesco Atom TM: ICH BIN MEINE MACHINE. (Io sono la mia macchina).

Sarà una fascinosa sintesi della sconfitta del cuore e della vittoria del cervello e in questa nuova dimensione allungheremo gli anni di vita in una pace di cellophane trasparente, ma inconsistente. Il nostro vero destino, quello che molti avevano sognato, non sarà più immaginato da nessuno, resterà, come diceva Manzoni, nella penna (o nel googleglass) dell’ultimo scrittore/sognatore sopravvissuto.